L’Osservatorio degli osservatori

Questa sezione del sito è dedicata alla segnalazione di iniziative di ricerca, e studi, e convegni che si ritiene interessanti per il monitoraggio del settore mediale, italiano ed internazionale. Si inizia con la prima edizione della rubrica “L’Osservatorio degli Osservatori” pubblicata nel n° 1 della Newsletter dell’Osservatorio.

Conoscere per deliberare

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente IsICult -Direttore tecnico Oiam)

Questo primo numero della Newsletter “L’Osservatorio” intende semplicemente rappresentare una traccia dell’avvio dei lavori del gruppo di professionisti IsICult e Luiss e dei consulenti esterni coinvolti nell’Osservatorio

Roberto Rossellini sull’Audiovisivo e la Multimedialità (Oiam): abbiamo ritenuto di chiedere all’eletta schiera dei 10 componenti del Comitato Scientifico una propria “visione” del sistema, e quindi un “punto di vista” soggettivo.

Concentrandosi, in questo n° 1, sulla fiction, in occasione della quarta edizione del Roma Fiction Fest. E’ questo l’approccio plurale, multidisciplinare ed interdisciplinare, che caratterizza, “ab origine”, l’Osservatorio promosso dalla Fondazione Rossellini per l’Audiovisivo.

Sociologia ed economia a braccetto con mediologia. “L’economico e il semiotico”, per parafrasare un avanguardistico saggio di qualche decennio fa, dedicato al cinema. Dal cinema tradizionale a quella che Nicoletti chiama “non televisione”.

Per capire, ed è un quesito tra i tanti, esemplificativemente, perché… se l’Italia riesce a realizzare finalmente una serie di animazione di successo, poi si deve andare in Francia per produrre il videogame della serie…
Il dataset è migliorato, ma… Rispetto anche solo ad una decina di anni fa – va riconosciuto – il “dataset” del sistema del cinema e dell’audiovisivo italiano è certamente migliorato: a partire dalla famigerata Relazione Annuale

sulla Utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus), che pure resta documento prezioso sebbene semi-clandestino, alle ricerche sviluppate dall’Ufficio Studi dell’Anica; dal progetto Cinemonitor dell’Università di Roma al pluridecennale lavoro dell’Osservatorio sulla Fiction Italiana; dagli Osservatori sviluppati da alcune Regioni (il “benchmark” resta quello del Piemonte) ad iniziative come l’Osservatorio sui Nuovi Contenuti Digitali ormai fatto proprio dalla nuova associazione Confindustria Cultura, o, ancora, al rapporto sul mercato e l’industria del cinema in Italia promosso dall’Ente dello Spettacolo e Cinecittà Luce… Se l’Istat resta ancora arretrata, e se molte analisi sono basate sui codici Ateco di classificazione delle attività imprenditoriali ancora inadeguati alla miglior fotografia di industrie “atipiche” (come sono – in verità – tutte quelle della cultura e dei media), è un
dato di fatto oggettivo che “numeri”, nel settore, ormai, ne circolano.

Ma sono numeri spesso in libertà, nonvalidati, non sottoposti a verifiche di sorta.
Numeri sui quali si basano spesso analisi frammentarie, parziali, parcellizzate, finanche partigiane, complessivamente erratiche ed errate.

L’Italia – va lamentato – non è un Paese rispettoso della sociologia e della statistica:
si insegnano forse egregiamente, nelle aule universitarie, ma i “policy maker” ne fanno uso strumentale. Anche i quotidiani ed i media, spesso,sulla Utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus), che pure resta documento prezioso sebbene semi-clandestino, alle ricerche sviluppate dall’Ufficio Studi dell’Anica; dal progetto Cinemonitor dell’Università di Roma al pluridecennale lavoro dell’Osservatorio sulla Fiction Italiana; dagli Osservatori sviluppati da alcune Regioni (il “benchmark” resta quello del Piemonte) ad iniziative come l’Osservatorio sui Nuovi Contenuti Digitali ormai fatto proprio dalla nuova associazione Confindustria Cultura, o, ancora, al rapporto sul mercato e l’industria del cinema in Italia promosso dall’Ente dello Spettacolo e Cinecittà Luce… Se l’Istat resta ancora arretrata, e se molte analisi sono basate
sui codici Ateco di classificazione delle attività imprenditoriali ancora inadeguati alla miglior fotografia di industrie “atipiche” (come sono – in verità – tutte quelle della cultura e dei media), è un dato di fatto oggettivo che “numeri”, nel settore, ormai, ne circolano.
Ma sono numeri spesso in libertà, non validati, non sottoposti a verifiche di sorta.

Numeri sui quali si basano spesso analisi frammentarie, parziali, parcellizzate, finanche partigiane, complessivamente erratiche ed errate.
L’Italia – va lamentato – non è un Paese rispettoso della sociologia e della statistica: si insegnano forse egregiamente, nelle aule universitarie, ma i “policy maker” ne fanno uso strumentale. Anche i quotidiani ed i media, spesso, di un altro. E si arriva a stilare elenchi surreali – come quello, poi ritirato, dei 232 “enti inutili” – che mischiano il demonio con l’acqua santa.
Questo noi vogliamo evitare: vogliamo fornire un piccolo e modesto contributo di conoscenza. Affinché il “policy making” sia meno approssimativo, improvvisato, rozzo. Dal “tax shelter” alle“window”, ai rapporti intermediali e multipiattaforma, intendiamo proporre analisi critiche delle ricerche esistenti e sviluppare ricerche originali.

Non siamo così sicuri, come Berlusconi e Tremonti, che i conti pubblici del nostro Paese siano a prova di bomba (in questo caso, “bomba” intesa positivamente, come strumento di controllo metodologico, che vada a verificarne la affidabilità) ed un qualche timore che possa riprodursi anche da noi la “sindrome greca” (un castello di carte statistiche che ha retto per decenni ma è crollato nell’arco di pochi giorni) lo nutriamo,ma – suvvia!
– limitiamo le nostre preoccupazioni al “perimetro” dell’industria culturale.

Analisi critica delle fonti Questa rubrica della Newsletter si intitola provocatoriamente “L’Osservatorio degli Osservatori” e si concentrerà su una analisi critica delle varie fonti che possono essere utilizzate per conoscere i meccanismi di funzionamento delle industrie culturali italiane, delle politiche pubbliche e delle strategie private, con ovvia particolare attenzione al cinema, all’audiovisivo,  alla multimedialità.

Sempre con un occhio attento alla prospettiva globale e quindi alle comparazioni internazionali.

In Italia, il numero delle fonti e la quantità delle basi di dati crescono, ma non si dispone ancora di una analisi critica e di una lettura interpretativa organica.

Ci concentriamo su un esempio sintomatico:
nella stessa associazione degli industriali italiani, la Confindustria, esistono due “anime”, Confindustria Cultura e Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici.

La prima associazione riunisce i settori tradizionali della cultura, dagli neditori librari ai produttori cinematografici ai distributori di intrattenimento video ludico (i videogames, insomma,che sono entrati in Confindustria da poche settimane). La seconda associazione riunisce soprattutto le tlc e le emittenti televisive. Entrambi producono dei rapporti di ricerca che… non si parlano. Esattamente così come è deficitaria la interazione tra i rispettivi settori. Usano metodologie differenti, usano terminologie differenti. Non si tratta soltanto di quantificare almeglio le “dimensioni” di un settore, ma di radiografare le interazioni, tra i vari segmenti del sistema culturale, e finanche tra “hardware” (le reti) e “software” (il contenuto). L’analisi critica delle fonti va oltre la mera validazione metodologica. Nel gruppo di lavoro dell’Oiam, si stanno affrontando quesiti eterodossi, come l’analisi critica di Auditel: è possibile che
sia solo la misurazione dell’audience (con tutti i dubbi metodologici, nel caso in ispecie) a “governare” l’economia politica della televisione italiana?!
Il sempiterno conflitto tra “cultura” e “mercato” Ma questa “anomalia” (noi crediamo si tratti di una vera e propria “patologia”) si riproduce in molte zone dell’industria culturale italiana, con una separazione tra settori (basti pensare alla produzione di cinema ed alla produzione di fiction) che talvolta è la conseguenza di un vero e proprio isolamento culturale, frutto della contorta eredità della lezione  crociana. Ancora fino a pochi anni fa, nello stesso ambiente degli autori, gli sceneggiatori di cinema consideravano gli sceneggiatori di fiction quasi dei fratelli minori, meno… autori. Il conflitto tra “arte” e “industria”, tra “cultura” e “mercato”, riemerge sempiterno  in Italia, ed è una delle questioni nazionali veramente irrisolte.

Non solo sulle colonne di questa Newsletter, ma soprattutto sulla rete, attraverso il sito web che è emanazione di questa testata (www.iamo-observatory. org), questa rubrica andrà a segnalare ricerche e studi, iniziative di analisi e di conoscenza, che possano consentire a tutti gli operatori del settore di sapere “cosa” e “dove” andare a cercare, per la miglior conoscenza del sistema culturale italiano, sempre con una attenzione particolare dedicata al cinema, all’audiovisivo, alla multimedialità.